La recente vittoria di Joe Biden nelle elezioni presidenziali statunitensi ha suscitato numerose reazioni presso le cancellerie di tutto il mondo. L’attenzione dei leader internazionali è stata in buona parte attratta dallo stato di tensione interna sollevato dalle controverse dichiarazioni del presidente uscente – Donald Trump – che si sta mostrando decisamente restio ad accettare il verdetto delle elezioni, un atteggiamento che stride in maniera allarmante con i principi democratici. Tuttavia, la preoccupazione maggiore delle cancellerie mondiali si concentra sulla necessità di capire come la nuova amministrazione interpreterà il ruolo di Washington nel mondo. Una delle aree attualmente più interessanti dal punto di vista geopolitico è il Mediterraneo, e sono forti sia le aspettative che le incertezze circa i riflessi che le presidenziali americane porteranno in questa regione.
In Grecia, in particolare, non sono mancate le reazioni e le analisi del voto negli USA. Le prime osservazioni riguardano i margini della vittoria di Biden che sono stati inferiori rispetto alle previsioni. L’ex vicepresidente dell’amministrazione Obama è comunque riuscito a essere eletto grazie al prevalere in alcuni Stati più importanti della nazione. Nel complesso Biden ha raccolto un maggior numero di voti rispetto a Trump, ma gli Stati “chiave” che gli hanno consentito di prevalere nel collegio elettorale sono stati decisi per poche migliaia di voti, e per giunta la complessità del processo elettorale – dovuta alla difficile situazione sanitaria – ha fatto sì che in molti casi i voti inviati per posta, per la maggior parte favorevoli a Biden, venissero conteggiati in ritardo rispetto a quelli espressi di persona nel giorno delle elezioni.
Le domande che gli esperti greci di politica internazionale si pongono adesso riguardano la direzione che potrà assumere la presidenza Biden, e soprattutto le probabili differenze rispetto alle politiche adottate da Trump: quali cambiamenti significativi saranno introdotti da Biden; se e come il nuovo presidente riuscirà a ridimensionare l’eccezionale polarizzazione esacerbata dal suo predecessore sul piano interno; e, infine, cosa può aspettarsi il pianeta dal nuovo leader americano.
L’istituto di studi poitici “Ena”, attraverso uno dei suoi analisti, il prof. Charalambos Papasotiriou, docente di relazioni internazionali presso l’università “Panteio” di Atene, rileva che: “La presidenza Biden darà una maggiore importanza alla lotta al cambiamento climatico e sarà più unificante per la nazione americana stessa”. Un’analisi più approfondita e meno rosea, è quela di Petros Vamvakàs, docente di scienza politica e studi internazionali presso l’Emmanuel College di Boston, secondo il quale sono le dinamiche economiche e politiche in atto da diversi anni negli Stati Uniti a decidere le sorti della politica americana, e sono le stesse che hanno portato all’elezione – per motivi differenti – prima di Obama nel 2008 e poi dello stesso Trump nel 2016.
Altri analisti greci, come il prof. Kostas Douzinas dell’università di Londra, tendono a sottolineare il fatto che, sia sul piano interno che su quello internazionale, la sostanza delle politiche di Washington non dovrebbe cambiare. D’altro canto la vittoria di Biden, sostiene Douzinas, rappresenta un esempio di marketing elettorale a fronte di una vera e sostanziale proposta politica, poiché il nuovo presidente è riuscito a emergere come il candidato democratico senza presentare alcun progetto elettorale ben definito. L’analisi delle principali cause della vittoria di Biden, secondo Douzinas, può ricondursi a quella dell’essere stato considerato come la scelta del “male minore” rispetto a Trump. Molti cittadini americani si sono trovati in cattive acque durante la presidenza Trump e hanno considerato assurda una sua rielezione. Avrebbero dunque votato qualsiasi candidato oppostosi all’ex magnate, e con la vittoria di Biden hanno tirato un sospiro di sollievo, ma sono consapevoli del fatto che essa non andrà incontro, in sostanza, alle esigenze della società americana.
Nonostante questo, altri osservatori greci, hanno voluto sottolineare l’interessante programma elettorale di Biden soprattutto per quanto riguarda l’ambiente. In particolare, Biden si è impegnato ad adottare quelle misure indispensabili per giungere alle “emissioni zero” di agenti inquinanti per il 2050 e a realizzare “investimenti storici” nel settore delle energie rinnovabili. A differenza del negazionismo di Trump, Biden ha definito il cambiamento climatico una “minaccia reale”. Per quanto riguarda il settore farmaceutico e il ruolo delle multinazionali in questo particolare frangente dominato dalla pandemia di Covid-19, Biden si è detto pronto a estendere a un numero il più ampio possibile di cittadini statunitensi la copertura sanitaria, pur senza giungere a uno scontro, evidentemente, con le grandi compagnie, e questo approccio ha sicuramente costituito un motivo di fiducia e ispirazione in più rispetto al “no plan” di Trump.
Per quanto concerne la politica estera, Biden si è impegnato, per i prossimi quattro anni, a riportare un clima di concordia e collaborazione in materia di sicurezza nucleare in relazione all’Iran e a mantenere una posizione più rigida nei confronti della Corea del Nord nel caso in cui essa non si “conformi” alle esigenze della politica estera americana. Alcuni osservatori greci hanno notato che queste promesse di politica estera potrebbero non essere concretizzabili e parallelamente, le dichiarazioni di Biden nell’ultimo debattito della campagna elettorale – secondo cui “la Cina deve adeguarsi alle regole [ndr proposte dagli Usa] altrimenti ne pagherà economicamente il prezzo” – fanno presagire pochi cambiamenti di sostanza verso la grande potenza asiatica. Il principale cambiamento atteso in politica estera riguarda la fine dell’atteggaimento isolazionista e del protezionismo – almeno ai livelli raggiunti sotto la presidenza Trump – a riguardo delle questioni internazionali e del commercio con l’estero. In politica estera, sostiene ancora Douzinas, ci si aspetta che Biden segua una linea di “business as usual” – esattamente come fatto da Obama e come aveva promesso anche Hillary Clinton – con un ritorno alla posizione egemonica nel mondo e un maggior coinvolgimento nella Nato.
In relazione ai rapporti tra Grecia e Turchia, gli osservatori greci prevedono praticamente all’unisono che Biden sarà estremamente critico nei confronti del presidente turco Recep Tayyip Erdoğan e avrà al contempo simpatia e vicinanza nei confronti della Grecia. Il nuovo presidente americano ha già espresso disapprovazione nei confronti di Erdoğan – definendolo “imperatore” per le sue tendenze sempre più autocratiche – e ha dichiarato che sarebbe auspicabile che il leader turco venisse democraticamente messo da parte. In campagna elettorale soltanto la squadra di Biden si è pubblicamente espressa sulla questione dei rapporti tra Grecia e Turchia, mentre l’amministrazione Trump non ha emesso alcun comunicato in materia. In Grecia però gli le aspettative sono ben più moderate per quanto riguarda la possibilità di un forte appoggio americano alle rivendicazioni di Atene contro le politiche espansionistiche turche. Prevale in fatti tra gli osservatori greci la considerazione secondo cui Biden intenda gestire ogni conflitto all’interno del contesto atlantico, dove la Turchia ricopre un ruolo più forte rispetto alla Grecia.
Da un lato, quindi, l’ascesa di Biden porta con sé elementi positivi ma, dall’altro, alcuni probabili cambiamenti nel ruolo degli USA nell’area mediterranea sud-orientale sollevano perplessità e dubbi in Grecia. In conclusione, alcuni osservatori greci sottolineano il fatto che molto probabilmente le politiche di Biden nel Mediterraneo non differiranno particolarmente rispetto a quelle che sono state le strategie delle recenti amministrazioni democratiche. Ha destato infine interesse la recente presentazione da parte di Biden del suo staff per la politica estera. In particolare, la nomina di Antony Blinken alla carica di segretario di Stato ha fatto osservare al quotidiano conservatore Kathimerini che, a differenza della precedente amministrazione, questi esperti e navigati diplomatici conoscono dall’interno la situazione nel Mediterraneo orientale: “Non è necessario dire loro dove si trovano la Grecia e Cipro e nemmeno che cosa è accaduto nell’area negli ultimi 25 anni. Conoscono i dettagli della situazione e li hanno gestiti da posizioni di responsabilità ”.
Rigas Raftopoulos